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La Natura ci salva

Un famoso detto della tribù Lakota assicura che: “quando un uomo si allontana dalla Natura il suo cuore diventa duro”

Quanti volti incontriamo durante il nostro cammino? E quante maschere?

A dar retta a Pirandello pochi i primi, molte le seconde.

Ecco la Natura non ha maschere. Certo non è sempre uguale a se stessa perché la prevedibilità sarebbe incompatibile con il concetto stesso di vita. La sua forza sta proprio in questo, nel presentarsi viva e nuda ai nostri occhi.

Ciclica, ma turbolenta, madre o matrigna, fonte di quiete o di passioni. Forse la Natura semplicemente è, basandosi su leggi universali. Con le quali dobbiamo saperci raffrontare per trarne il maggior beneficio possibile.

Entrando in contatto diretto con la Natura. Senza timidezza perché di lei siamo parte, senza inutile superbia. Per ritrovare la nostra vera parte essenziale, quella che la quotidianità ci toglie, pezzetto per pezzetto ad ogni tramonto mancato.

Il tempo della Natura

La frenesia spietata, la tecnologia sovrabbondante imprigionano l’uomo moderno. Che sente il bisogno perciò di ritrovare i propri spazi, riscoprire il tempo.

Il tempo della Natura è però diverso dal nostro tempo umano. Ed il solo modo che ci consente di trarre vigore dalla Natura è quello di lasciarsi prendere per mano da lei. Quando negli scorsi mesi ci è stata sottratta la primavera, la stagione di ogni rinascita, costretti come eravamo a limitare i nostri spostamenti, forse abbiamo capito per davvero che la possibilità di immergersi nella Natura rappresenta uno dei doni più importanti concessi all’umanità.

La Natura indica la via

Le città sono affollate ed il contatto umano, per una pena un po’ crudele che ci è stata inflitta, pericoloso. Tutto ciò genera sentimenti contrastanti. Che vanno ad incidere pesantemente sul nostro benessere psico-fisico. La Natura ci mostra una via. Se diventerà una via di salvezza, dipenderà anche da noi, dal nostro atteggiamento. È necessario visitare la Natura seguendo i suoi ritmi e farlo con regolarità. Non può esistere un metodo artificioso nel rapportarsi con l’incanto della Natura. Le emozioni che dobbiamo far riemergere devono essere necessariamente schiette e pure, perché schietti e puri sono i contorni naturali. Bisogna respirare gli odori della Natura, ascoltare la sua voce, ma soprattutto i suoi silenzi. Circondarsi del silenzio di cui troppo spesso siamo privati e nella metropoli del vivere moderno è assente. Sia esso un silenzio vero o magari spezzato in parte dal fruscio del vento, in parte da un cicalare irrequieto e metodico. Bisogna guardare a lei con gli occhi di un bambino. Camminare senza l’idea incessante del ritorno. Accarezzare le sue dolcezze, gioire dei suoi frutti. Prestare attenzione alle insidie senza sfidarla, ma imparando solo a viverla nella completezza del protagonista, non nei limiti di un semplice spettatore.

Tiziano Terzani ci aveva ammonito sul grave errore commesso, come esseri umani, essendoci allontanati dalla Natura. Affermando che, nella sua varietà, nella sua bellezza, nella sua impareggiabile grandezza e sì, persino nella sua crudeltà, si potesse ricercare l’unico, vero, senso della vita. Quello che spesso, vagabondando senza una direzione precisa, tutti in fondo desideriamo trovare.

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