cloud kitchen

Cloud kitchen a Milano: step by step dal sapore darwiniano

C’è un motivo conduttore che unisce tra loro le enormi differenze esistenti tra passato e presente. Un processo di cambiamenti attraverso il tempo. Che caratterizza ogni specie vivente sulla Terra, così come tutto ciò che riguarda l’uomo, entità pronta a cogliere le opportunità di migliorarsi. L’evoluzione. Darwin non fu il primo a interessarsi dei processi storici e del risultato della loro azione sugli organismi. Ma fu colui che ne formulò una teoria universalmente accettata, benché perfezionabile. Cosa mette però in correlazione la scienza darwiniana con le tematiche di cui ci occupiamo di solito? Probabilmente nulla. Se s’interpreta la cultura come una stanza arredata di compartimenti stagnati. Alimentazione, ristorazione e selezione naturale? Apparirebbe proprio un salto carpiato nel buio. Tutto viceversa. Se permettiamo ai pensieri d’integrarsi liberi tra loro, senza limitazioni di sorta. Il modello cloud kitchen descrive infatti pienamente lo step evolutivo più importante nel settore ristorativo degli ultimi anni.

Un settore che pur partendo da basi ritenute da sempre ferme ha manifestato chiara la necessità di una profonda rimodernazione. Ed esiste luogo più consono adatto pronto ad afferrare i vantaggi offerti dal progresso rispetto a Milano, capitale dell’industria?

Cloud kitchen come modello evolutivo

  • Viene meno la nozione di ristorante in quanto luogo fisico, dove una clientela si reca appositamente per consumare i propri pasti. Con tutti gli oneri ad esso riconducibili, soprattutto quelli riguardanti i costi gestionali.
  • Una delle caratteristiche più straordinarie della cloud kitchen è l’occasione di lavorare in co-working: un solo imprenditore o società allestisce più postazioni, complete di tutto ciò che è imprescindibile, tra servizi ed infrastrutture, al risultato finale.
  • L’utilizzo di tecnologie evolute offre utilità e servizi d’eccellenza, ma richiede anche aggiornamento continuo e capillare, applicazione regolare, scrupolosa programmazione.

Milano e desiderio d’evolversi

  • Una grande città non deve essere percepita ancora come luogo le cui viscere possono celare angoli di penombra, refrattario all’esigenza di coniugare crescita e rispetto, in antitesi prestabilita con la ricerca di condizioni di vita superiori per il benessere stesso dell’uomo.
  • I nuovi modelli d’investimento, se sintonizzati sulla medesima lunghezza d’onda che si intercetta quasi come aroma omogeneo all’aria respirabile, garantiscono la giusta considerazione verso impulsi comuni di fondamentale spicco.
  • La cittadinanza attiva, cliente, ma cosciente, è la prima sentinella che permette alle radici di un business di crescere sane attorno alla pianta di qualunque capoluogo metropolitano: stimola il costante perfezionamento e lavora anch’essa in condivisione di una filosofia e di quelle risultanze proposte con acume, accettando e spingendo al successo chi se ne fa promotore. 

Possibilità di evoluzione esponenziale

  • La richiesta riguardante la consegna di cibo a domicilio, il food delivery, germoglia stabilmente sul mercato di settore e le trasformazioni che rispondono a tale domanda altro non sono che un passaggio debito attraverso linee dirette, prive di confini.
  • Una grandiosità concettuale spesso si scontra al contrario con limiti valicabili solo mutando lo stato delle cose, quello percepito da sempre come esclusivamente valido: catene forgiate da scadenze, costi, capacità d’investimento. Vincoli che una cloud kitchen può interrompere per non impedire il flusso delle idee.
  • La bravura di proporre una visione personalizzata di cucina, rispettosa delle varie esigenze, predisposta seguendo logiche qualitativamente alte, concede chance di incremento vertiginose.

Nel gennaio 2020, mi trovavo a passeggiare a Milano, poche settimane precedenti il deflagrare della pandemia che ha paralizzato il mondo. Il nostro modo di concepirlo sarebbe stato spazzato via. Come quelle foglie che ammiravo farsi cullare dal vento. Era la seconda volta che visitavo la città, ma non avevo mai attraversato i Navigli al crepuscolo. Gente serena a passeggio, locali con ogni possibile leccornia adagiata sopra delle tavole agli ingressi. Un modo per attirare l’attenzione affascinante. Quanto le luci che, riflettendo sull’acqua, davano l’impressione di pennellate strappate a dipinti d’epoca. Ho spesso pensato a quest’immagine durante il lockdown. Ecco forse è sovrabbondante di romanticismo associare una cloud kitchen a tutto ciò. Ma che male c’è ad idealizzare questo processo evolutivo. Rapportandolo a barlumi accesi che, nel mezzo di un vespro troppo buio, sostengono il nostro passaggio? Una ragione per non lasciarsi vincere dal pessimismo anche nelle stagioni peggiori.    

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