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Dark-kitchen la notte non è più tanto buia adesso

C’era una canzone nei primi anni ottanta. Portata al successo da un gruppo oggi misconosciuto. Aveva poche parole nel testo, in uno stile jazzistico tipico, sebbene contaminato dalle sonorità in voga all’epoca. Dark è la notte, oscura. Dove si trova la stella che illumina i miei cieli? Domandava. Nascondendo il male che riempie i miei occhi. Stava tutto qui il suo significato. E ai nostri giorni, quando ci svegliamo avvolti dall’incertezza nel futuro, soprattutto economico; quando ascoltiamo i telegiornali e leggiamo, indiavolate, le notizie che si susseguono sulla realtà che ci attornia; come percepiamo questa prospettiva sbattuta in fronte? Quali sono le spinose perturbazioni che attraversano la porzione di spazio in cui siamo accomodati? Esiste una stella che polarizzi il nostro cammino? Una dark-kitchen può diventarlo.

E se ci è concesso ancora di sognare, di avere idee brillanti e poterle tradurre poi in atti concreti, allora l’ombra che ci portiamo appresso non sarà estranea al nostro comando. Ci proteggerà dalla vista di ogni male. Peter Pan non ci sapeva stare senza la sua ombra. Quindi non tutto ciò che è oscuro sembrerebbe ostile, esiste del buono in ogni soluzione che concede linfa di vita.

La luce nella ristorazione attraverso una dark-kitchen

  • Anche se uno spazio chiuso, senza pubblico, privo d’accoglienza potrebbe apparire spento, in realtà brulica d’inventiva. Quella dedicata esclusivamente alla preparazione dei piatti: il cibo e la soddisfazione della clientela sono al centro del progetto dark-kitchen.
  • È a partire dall’assenza che si sublimano quelle caratteristiche diverse, alternative e imprescindibili: l’impegno capillare nella scelta qualitativa dei prodotti, la distinzione nel risultato finale, lo sviluppo congruo nella selezione e nella personalizzazione in base a ogni richiesta.

La luce nel futuro della dark-kitchen

  • Servirsi di ogni risorsa proveniente dallo sviluppo tecnologico, in continuo movimento e mantenere un costante aggiornamento, proietta un disegno eventuale di buona foggia nella corsia delle realtà affermate.
  • Creare un rapporto saldo con chi usufruirà dei servizi prodotti dalla dark-kitchen, non è utopistico, neppure in un ambito che si avvale quasi totalmente della virtualità come mezzo. Oltre ad esso esiste comunque una tangibile reciprocità che non permette di nascondere nulla, ed è la fidelizzazione il suo tramite.

La luce per illuminarne i progetti

  • Distinguersi tra i diversi brand che mettono in campo il proprio modello ristorativo appare ancor più fondamentale in un mercato altamente competitivo, occorre pertanto possedere caratteristiche specifiche in grado di elevare la propria offerta in maniera netta.
  • La riduzione di alcuni classici fattori di rischio permette di strutturare con requisiti sostanziosi il progetto che si vuol dare alla luce, aumentando la capacità d’interesse nei confronti del pubblico potenziale e fortificando nel tempo il livello della propria nomea.

Non addentriamoci troppo in concetti che non ci appartengono ancora. Per non rischiare di dire qualcosa d’inesatto. Mi piace però pensare che esista per davvero e non solo nelle aspirazioni, un legame positivo tra la nozione dark-kitchen, difficile da interpretare, e l’opportunità di esprimere nuove visioni del mondo legato al cibo. Alla sua preparazione, al confezionamento ed alla distribuzione. Un connubio che renda semplice ogni complessità. L’ombra non è altro che il riflesso di ognuno di noi, parte inscindibile e traccia del nostro esserci sulla Terra. Noi con i nostri desideri, la tenacia per affrontare le avversità, la sagacia che permette di superare labirinti concreti, d’immaginifiche siepi, alimentate dalla paura. Magari volando. Perché solo chi sogna può volare e nel momento in cui si dubita, si perde per sempre l’opportunità di farlo.

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